‘’Fioraio’’: chi vende fiori, avendone o no la coltivazione diretta. Il femminile fioraia indica spesso la donna che va in giro vendendo fiori per le vie o nei locali pubblici; in questo significato si ha anche il diminutivo ‘’fioraina’’.
I più antichi e rinomati negozi di fiori delle nostre città risalgono ai primi del Novecento o all’ultimo quarto del secolo scorso, ma nessuno ha memorie più remote. Eppure le signore che si recavano a un galante convegno alla bottega del caffè portavano un mazzolino in mano, nella scollatura, sul manicotto e non tutte l’avevano colto in giardino.
Pochissime le notizie sui fiorai. Sono testimoniate invece con una certa maggior frequenza alacri e indistinte figurette di ambulanti che nei secoli passati offrivano la loro mercanzia odorosa per le strade e presso i luoghi più frequentati e mondani.
Nella scintillante Parigi del primo Settecento, sui boulevards appena aperti e animatissimi, dove si accalcano le carrozze eleganti, le diligenze, i cabriolets, le berline ‘’a culo di scimmia’’, mentre i cavalli vanno al passo per permettere ai signori in passeggiata di avvicinarsi agli sportelli e dare il buongiorno alle loro conoscenze, ‘’le fioraie salgono sui marciapiedi per offrire i mazzolini alle signore’’. Alla porta di Vauxhall, scrivono ancora i Fratelli Goncourt nella loro amorosa rievocazione della Francia del secolo dei lumi, un piccolo fioraio offre, ‘’oltre i fiori, profumi, ricami di Marsiglia o bonbons..’’ Sono fugaci apparizioni, che si fanno via via più numerose nel secolo scorso e nei primi di questo.
Dapprima erano ragazzotti che venivano dalla campagna con un cesto di fiori da vendere all’angolo della strada, giovinette che porgevano mazzolini per pochi spiccioli..In primavera qualche contadino più intraprendente si sarà posto col suo carretto davanti al mercato e le signore avranno ordinato alle fantesche di comprare una dozzina di fiordalisi e un ciuffo di lillà, oltre al pesce e alla cicoria.
Nell’Ottocento, cadute le limitazioni di legge alla coltivazione, era esplosa la passione dei fiori: qualcuno, dal carretto sarà passato alla bottega, dando vita a un nuovo commercio. Ma non c’è una data precisa. Nella saga dei Buddenbrook, Thomas Mann parla di se stesso, quando racconta l’amore di Thomas e Anne, la bella commessa del negozio di fiori: a Lubecca, in un giorno del 1846, egli si reca dall’ amata per annunciarle che sta per partire e che la loro storia è giunta alla fine.
Egli ‘’fece alcuni passi … finché si trovò davanti a un piccolo negozio di fioraio dalla porta stretta e dalla vetrina modesta, dov’erano esposti un paio di vasi con piante a bulbo, sopra una mensola di vetro verde. Entrò mentre il campanello di latta sopra la porta si metteva a latrare come un cagnolino di guardia. Anna portava un grembiulino bianco sopra il semplice vestito nero. Era di una bellezza meravigliosa … Essa girò il banco e si portò nell’ angolo del negozietto dove non si poteva essere visti dalla vetrina. Thomas la seguì e le baciò le labbra e gli occhi. Là dentro faceva caldo. Un odore umido di terra e di fiori stagnava nel negozio. Di fuori il sole invernale era prossimo a tramontare…’’.
Da un fioraio è un po’ difficile che si senta caldo, ma ‘’ l’odore umido di terra e di fiori ’’, quello sì, è inconfondibile e si ritrova, ieri come oggi, in tutti i negozi di fiori, dalla botteguccia di paese al lussuoso locale con la vetrina traboccante di rose e orchidee.
Thomas Buddenbrook aveva conosciuto la bella Anne alla festa del tiro a segno, dove lei vendeva garofani. Thomas ricorda:’’ Comprai un garofano e me l’infilai all’occhiello..ce l ho ancora..’’ E Anne:’’..volevi portarmi sulla giostra, ma io dovevo badare a vendere. Altrimenti la padrona mi avrebbe sgridata..’’ e con voce sommessa:’’ Fu l’unica cosa che ti abbia rifiutato’’.
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