Un omaggio floreale è ideale, nel galateo delle ospitalità, per sottolineare il piacere di aver ricevuto un invito.
Presso gli antichi Egizi erano i padroni di casa a donare fiori di loto ai loro ospiti, e la consuetudine si ritrova presso molti popoli, che ancora oggi accolgono i visitatori offrendo collane di gelsomino, nell’Africa del Nord, di regalare orchidee, in gran parte dell’Oriente, di sgargianti fiori d’ibisco, in Polinesia.
Da noi invece il galateo prescriveva che fosse l’invitato ad esprimere il suo ringraziamento. Il giorno dopo, per rassicurare la padrona di casa d’essere sopravvissuto alla cena, anzi ‘’di aver tanto apprezzato la squisita ospitalità’’. Ora che si cerca d’essere più pratici, è invalsa la consuetudine d’inviare i fiori prima della cena, in modo che la signora possa servirsene per abbellire la casa.
Esistono fiori che si trovano tutto l’anno dai fiorai e che possono risolvere qualunque omaggio di un certo impegno.
Non sono mai sbagliati, insomma. La rosa, classica e insuperata, sta bene sia da sola, sia accostata ad altri fiori. Regalare l’orchidea fa sempre un grande effetto, ma va donata senza altre varietà perché nessuna le si accorda: sola o a tralcio, accetta soltanto qualche etereo rametto di capelvenere e sta bene in una scatola un po’ preziosa.
Calle e anthurium sono piante esotiche: le prime, che in botanica si chiamano Zantedeschie, provengono dal Sud Africa, le seconde sono originarie dall’America Meridionale; in comune hanno una caratteristica; la loro bellezza non deriva dai fiori, piccoli e insignificanti, raccolti lungo lo ‘’spadice’’ centrale, ma dalla ‘’spata’’, una specie di larga foglia, di solito bianca e avvolgente nelle calle, prevalentemente rossa, traslucida e distesa alla base dello spadice, negli anthurium.
Le calle di solito fanno molto piacere alle padrone di casa perché hanno un alto potere decorativo. Così gli anthurium, superbi da soli o accostati in mazzi multicolori.
Anche la strelitzia è originaria del Sud Africa: il nome le fu dato, alla fine del Settecento, dal direttore dei giardini di Kew, in onore della regina Sofia Carlotta di Meklenburg –Strelitz, consorte di re Giorgio II d’Inghilterra. Fra le cinque specie conosciute, la più diffusa è la Strelitzia reginae, detta che ‘’Uccello del Paradiso’’ per l’eleganza delle sue brattee rosso-arancione e dei suoi petali asimmetrici, che trascolorano dal violetto al bianco.
Gli esperti dibattono l’annosa questione, se e quando sia consentito portare personalmente i fiori recandosi in casa degli anfitrioni.
Una volta pare fosse proibito, ma si può benissimo arrivare con dei fiori in mano: non sarà il caso di presentarsi alla porta seminascosti dietro un cesto di rose o sorreggendo un orcio con un rododendro, ma un mazzo di violette avvolte nel cellophane o un’orchidea in una confezione trasparente vanno benissimo.
Un mazzo ben confezionato
Osservare un professionista che prepara i sui mazzi è un piacere: ha leggerezza di tocco, gesti sicuri nell’accostare, nel pareggiare i gambi con le cesoie, nel cingere gli steli di carta stagnola, nell’incartare, persino, – tocco finale – nel mettere la sua targhetta autoadesiva al mazzo, che viene così ‘’firmato’’.
Si sa, la confezione è importante. Presso i migliori fiorai, si vedono carte crespate dai colori teneri e luminosi o l’elegante cellophane trasparente, invece della solita carta velina; i nastri sono di vero tessuto e non di plastica, rispunta la carta pizzo per sottolineare la grazia dei bouquets. Piccoli tocchi di raffinatezza che, quando il mazzo viene dal proprio giardino o da una passeggiata in campagna e viene preparato in casa per essere donato, possono essere ripresi con fantasia, ma senza esagerazioni né leziosità.
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